Nell’ordinamento fiscale vi sono diverse disposizioni in grado di ampliare i termini di accertamento a favore dell’autorità fiscale, tra cui una specifica prescrizione che, nelle ipotesi in cui le dichiarazioni (dei redditi, dell’imposta sul valore aggiunto eccetera) vengano integrate, fa proprio sì che venga esteso il periodo in cui l’Amministrazione finanziaria può effettuare le riprese in capo ai contribuenti.
Con riferimento alle imposte sui redditi l’art. 43 del D.P.R. 600/1973 (analogamente a quanto accade per l’IVA ex art. 57 del D.P.R. 633/1972) stabilisce la possibilità di sottoporre il contribuente ad accertamenti fiscali fino al termine del quinto anno successivo a quello in cui viene presentata la dichiarazione dei redditi, fatto salvo – tra gli altri – il caso della dichiarazione omessa, per la quale l’accertamento può invece essere notificato con più tempo, ossia entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Quindi, ad esempio, se un contribuente nel corso del 2024 ha presentato un modello Redditi 2021 integrativo per il periodo d’imposta 2020, modificando l’importo di alcune spese per cui vi sono limiti alla deduzione (di cui ai vari righi da RF7 a RF31 del dichiarativo in discorso), la decadenza dal potere di accertamento non sarà più fissata alla “ordinaria” scadenza del 31/12/2026, bensì al 31/12/2029 (anno di presentazione dell’integrativa + 5 ex art. 43 del D.P.R. 600/1973).
Infatti, l’Agenzia delle Entrate, con la propria circolare n. 31/E del 24/09/2013, afferma che in caso di trasmissione di un’integrativa “l’attività accertativa degli uffici si esplica nei termini di decadenza di cui al citato articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, calcolati a partire dall’anno di presentazione della dichiarazione integrativa, in relazione e nei limiti degli elementi “rigenerati” in tale dichiarazione”.
Quindi, tale allungamento dei termini di accertamento vale “limitatamente ai soli elementi oggetto di integrazione” (art. 1, comma 640, lettera b) della Legge 190/2014); motivo per cui, tornando all’esempio di cui sopra, se la modifica dichiarativa del modello Redditi 2021 effettuata nel 2024 avesse avuto ad oggetto i costi per automezzi, il richiamato slittamento del termine di accertamento a fine 2029 riguarderebbe esclusivamente tali spese.
Quest’ultima disposizione risulta invero particolarmente significativa, in quanto implica che per gli elementi dichiarativi rimasti inalterati a seguito della trasmissione dell’integrativa non vi è alcuno spostamento dei termini entro i quali l’Agenzia delle Entrate può effettuare le proprie riprese impositive: termini che continueranno pertanto a fare riferimento all’originaria dichiarazione, come peraltro confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2735 del 31/01/2022, pronuncia con cui i giudici hanno stabilito (nello specifico relativamente ai termini decadenziali di cui all’art. 25 del D.P.R. 602/1973) che la presentazione di una successiva dichiarazione porta allo slittamento dei termini per la notifica della cartella di pagamento da liquidazione automatica della dichiarazione. Ciò avvenendo, tuttavia, per l’appunto limitatamente agli elementi oggetto di integrazione.
A ben vedere dunque, l’integrativa porta sì ad un’estensione del periodo accertativo in capo al contribuente, ma bilanciando l’esigenza di quest’ultimo a non vedersi rivisto complessivamente quanto dichiarato.
Diversamente, lo si può notare, nulla risulta previsto per il caso in cui il contribuente presenti tardivamente la dichiarazione, ossia entro (ma anche oltre) i 90 giorni dell’intervallo di cui all’art. 2, comma 7 del D.P.R. 322/1998. Ciò, nel silenzio del legislatore, non dovrebbe infatti causare alcuno slittamento dei termini per l’accertamento della dichiarazione, che rimangono connessi all’anno in cui la stessa avrebbe dovuto essere presentata.