10 gennaio 2025 – Spese di rappresentanza, più requisiti per la deducibilità dal reddito d’impresa

Gratuità, inerenza, ragionevolezza e tracciabilità costituiscono i quattro pilastri che consentono la deducibilità delle spese di rappresentanza. Solo al verificarsi contestuale dei predetti presupposti, di cui l’ultimo introdotto dalla Legge n. 207 del 2024, tali spese sono deducibili dal reddito d’impresa.
Ai sensi dell’articolo 108 del TUIR e del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 novembre 2008, le spese di rappresentanza, ovvero le spese sostenute per l’erogazione a titolo gratuito di beni e servizi effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni (quindi in assenza di un rapporto di natura sinallagmatica con il fornitore o con il beneficiario della spesa), sono deducibili dal reddito d’impresa, nei limiti quantitativi previsti dall’articolo 1, comma 3, del predetto decreto ministeriale, se rispondono a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo, anche potenziale, di generare benefici economici per l’impresa che le sostiene. Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale, secondo una finalità di carattere presuntivo (che ammette prova contraria), sono considerate tali le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate ed eseguite attività promozionali, le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali, festività, mostre e fiere o l’apertura di nuove sedi, uffici o stabilimenti.
Sul punto, nonostante l’esistenza di un proprio impianto normativo, la Suprema Corte ha ribadito che le spese di rappresentanza sono comunque soggette all’accertamento dell’inerenza, ovvero alla verifica della relazione di causalità immediata e diretta, da valutare caso per caso secondo un approccio di natura qualitativa, fra le spese sostenute e l’attività esercitata dall’impresa. In particolare, secondo l’Ordinanza 28724 del 2024, nell’ambito della valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni ai fini della rilevazione di possibili comportamenti antieconomici, finalizzata alla negazione della deducibilità dei costi sproporzionati ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, l’Amministrazione finanziaria, nonostante la valenza presuntiva del citato decreto ministeriale, è chiamata comunque a verificare, e di conseguenza a contestare, l’assenza del nesso di inerenza, la non congruità delle spese sostenute e la mancata esecuzione delle attività promozionali, ove espressamente richiesto.
Da oggi gratuità, inerenza e ragionevolezza non sono più condizioni sufficienti. Ai presupposti appena citati, infatti, si aggiunge quello della tracciabilità delle spese sostenute a tale titolo. A decorrere dal periodo d’imposta 2025, l’articolo 1, comma 81, della Legge n. 207 del 2024 dispone che la deducibilità delle spese di rappresentanza sia ammessa solo in caso di pagamento tracciato, ovvero con versamento bancario o postale e mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 241 del 1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero mediante altri sistemi di pagamento).
A decorrere dal 1° gennaio 2025, pertanto, al principio di cassa già previsto dall’articolo 108 del TUIR, secondo il quale tali spese vanno imputate al periodo d’imposta nel quale sono effettivamente sostenute, ovvero indipendentemente dai criteri di competenza economica, si accompagna anche l’obbligo di tracciabilità.