6 novembre 2023 – Clausole Esg negli statuti, l’inserimento è legittimo

Le clausole di sostenibilità che siano inserite nello statuto di una società sono legittime in quanto non contrastano con lo scopo di lucro che deve necessariamente caratterizzare lo statuto e l’attività della società stessa: è questo il principio che viene affermato nei nuovi orientamenti di recente approvati dal Comitato notarile del Triveneto, ove si precisa che si tratta di clausole inseribili anche nello statuto delle società le quali non adottino la qualifica di società benefit (ai sensi dell’articolo 1, commi 376 e seguenti, della legge 208/2015), in quanto il perseguimento di finalità di beneficio comune è consentito a qualsiasi società lucrativa, e non solo a quelle che intendano esteriorizzarlo mediante l’inserzione dell’aggettivo benefit nella propria denominazione.
Per clausole di sostenibilità (anche chiamate clausole Esg) si intendono quelle clausole statutarie che, anche a discapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva, costituiscono espressione di ideali collettivi, valori sociali e principi etici (quali la protezione dell’ambiente, la promozione del lavoro, la cura e il benessere dei dipendenti e della collettività) e che, più in generale, sono espressione di un impegno di salvaguardia dei diversi interessi non economici implicati nell’attività di impresa.
Sono clausole che (potendo anche imporre la destinazione di una parte degli utili a fini di solidarietà) si prestano a essere inserite nello statuto di una società sia al fine di perimetrare l’attività che costituisce l’oggetto sociale sia al fine di indicare all’organo amministrativo le modalità da seguire per il conseguimento dell’oggetto sociale definendo le linee di condotta che amministratori devono seguire, ad esempio imponendo determinate strategie oppure precludendo determinate categorie di operazioni. Si può trattare anche di clausole che impongano agli amministratori di consultare, previamente rispetto all’adozione di determinate decisioni, certe categorie di possibili interlocutori, fermo restando che gli amministratori pur sempre conservano la facoltà di valutare discrezionalmente l’esito della consultazione, senza cioè che ne derivino direttive vincolanti.
Le clausole di sostenibilità non limitano l’operatività dell’organo amministrativo, ma ne ampliano la discrezionalità, in quanto riconoscono agli amministratori la possibilità di definire strategie d’impresa volte al raggiungimento di un equilibrio tra l’interesse alla realizzazione del profitto e l’interesse al perseguimento di obiettivi di sostenibilità, e quindi permettono l’assunzione di decisioni che, nel breve periodo, possono anche avere un impatto negativo sulla redditività dell’attività d’impresa, ma che, in un orizzonte temporale più ampio, possono comportare una complessiva crescita del valore della società.
In altre parole, per effetto delle clausole di sostenibilità i diversi interessi coinvolti nell’esercizio dell’attività di impresa finiscono per connotare le modalità di svolgimento dell’azione imprenditoriale, generando un circolo virtuoso che, tramite il bilanciamento dell’interesse dei soci alla massimizzazione del profitto con quelli degli stakeholders della società (dipendenti, clienti, fornitori, residenti nel territorio ove l’impresa opera, ecc.), ottiene il risultato di integrare gli interessi sociali nel processo di sviluppo economico dell’impresa, consentendo nel lungo termine all’impresa stessa di differenziarsi sul mercato per queste sue caratteristiche e quindi di aumentare la propria produttività e la propria competitività.