6 febbraio 2024 – Agevolazioni per il conferimento in fondi immobiliari confermate

Sono passati dieci anni da quando è entrata in vigore la riforma della fiscalità indiretta immobiliare (art. 10 del DLgs. 23/2011), eppure si risolve solo adesso, con una sentenza depositata ieri dalla Cassazione, la n. 3218/2024, un dubbio sorto allora, relativo alla possibilità di applicare, anche dopo la soppressione di tutte le agevolazioni ed esenzioni relative ai riformati trasferimenti immobiliari, la disciplina di favore per gli apporti di immobili in fondi immobiliari.
La questione esaminata dalla Suprema Corte attiene all’attuale applicabilità dell’art. 9 del DL 25 settembre 2001 n. 351. Tale norma (mediante rinvio alla disciplina recata dall’art. 7 della Tabella allegata al DPR 131/86 per i fondi mobiliari) esclude l’obbligo di registrazione, pure in caso d’uso, per gli atti relativi: all’istituzione di fondi comuni di investimento immobiliare; alla sottoscrizione e al rimborso delle quote, anche in sede di liquidazione; all’emissione ed estinzione dei relativi certificati, ivi compresi le quote e i certificati di analoghi fondi esteri autorizzati al collocamento nel Territorio dello Stato.
Se questi atti vengono presentati comunque per la registrazione, a essi si applica l’imposta di registro in misura fissa (200 euro).
Nel caso di specie, sulla base di tale norma era stata registrata (in quanto redatta in forma di atto pubblico) con applicazione dell’imposta di registro fissa, la sottoscrizione di una quota di un fondo immobiliare mediante l’apporto di un immobile.
L’Agenzia delle Entrate, però, aveva richiesto l’imposta di registro del 9% sul conferimento di immobile nel fondo, ritenendo che la normativa di favore prevista dall’art. 9 comma 1 del DL 351/2001 risultasse abrogata, limitatamente ai trasferimenti immobiliari, dall’art. 10 comma 4 del DLgs. 23/2011.
Va ricordato, infatti, che, nell’ambito della riforma della fiscalità indiretta immobiliare, dopo aver riscritto l’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, l’art. 10 del DLgs. 23/2011 ha soppresso tutte le esenzioni e agevolazioni applicabili agli atti ricadenti nell’art. 1 della citata Tariffa.
Questa interpretazione era stata avallata da una parte della giurisprudenza di merito (C.T. Reg. Lazio 23 aprile 2021 n. 2143/6/21), nonché da una risposta non pubblicata dell’Agenzia delle Entrate.
La Cassazione, però, con la sentenza di ieri, la rigetta definitivamente, per due ordini di ragioni: non solo non è corretto ritenere che l’art. 10 comma 4 del DLgs. 23/2011 abbia abrogato la disciplina prevista per gli atti di dotazione di fondi comuni di investimento immobiliare, ma non è neppure corretto assimilare gli apporti al fondo immobiliare su sottoscrizione di quote ad atti di trasferimento di diritti reali immobiliari (ricadenti nell’art. 1 della Tariffa).
In particolare – precisa la Corte – la disciplina dettata dall’art. 9 del DL 351/2001 costituisce regime ordinario e naturale di tassazione degli atti di apporto in fondo comune, sia mobiliare che immobiliare, sicché non sarebbe corretto qualificarla come disciplina agevolativa speciale. Lo dimostra, secondo la Cassazione, anche la collocazione sistematica di tale articolo nel quadro di una disciplina che si fa carico di regolamentare ogni aspetto fiscalmente rilevante correlato a istituzione, dotazione, sottoscrizione e rimborso delle quote di fondi comuni di investimento immobiliare, senza limitarsi a considerare le sole imposte d’atto.
Pertanto, posto che l’art. 9 del DL 351/2001 reca una “disciplina impositiva tendenzialmente globale, sistematica e storicamente radicata […] ispirata all’esigenza dello sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”, non può essere stata incisa, con riferimento alla sola imposta di registro, dall’abrogazione delle agevolazioni realizzata dall’art. 10 comma 4 del DLgs. 23/2011, che ha colpito solo le “agevolazioni in senso stretto e tipico” e non invece “quelle discipline sintomaticamente rivolte ad apprestare un regime strutturale ed ordinario (seppur più favorevole rispetto ad altri)”, come quella dei fondi immobiliari.
La Cassazione non si ferma però qui e afferma che vi è un ulteriore motivo per cui non è condivisibile l’applicazione dell’imposta di registro al 9% agli atti di conferimento immobiliare nei fondi comuni, ed è la non assimilabilità di queste operazioni agli atti di trasferimento immobiliare.
L’apporto diretto al fondo immobiliare, con conseguente attribuzione di una quota di partecipazione (che assume essa stessa natura di strumento finanziario) proporzionale al valore dall’immobile apportato, ha qualcosa di simile piuttosto al conferimento in società, con la differenza, però, che il fondo non ha autonoma soggettività giuridica, tanto che il fondo non è neppure soggetto passivo IMU per gli immobili che ne fanno parte (Cass. n. 7116/2023). Il conferimento in fondo, similmente al conferimento in trust, crea un fondo separato, un patrimonio destinato e vincolato che, alla base, non ha un vero e proprio trasferimento di proprietà.