La circolare Assonime n. 10/2024, pubblicata ieri, rappresenta il primo documento organico di analisi della disciplina della participation exemption per le società ed enti commerciali non residenti (art. 68 comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’art. 1 comma 59 della L. 213/2023).
Dal punto di vista soggettivo, la nuova norma vede quali beneficiari le società e gli enti commerciali privi di stabile organizzazione in Italia che risultino, al contempo, residenti in Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo e assoggettati in tali Stati a un’imposta sul reddito delle società.
Assonime rileva che, al di là del dato testuale, il regime di esenzione dovrebbe senz’altro operare anche nei casi in cui la società o l’ente estero abbiano una stabile organizzazione italiana, ma la partecipazione ceduta non sia relativa a tale stabile organizzazione. Depone a favore di tale conclusione da un lato la formulazione dell’art. 27 comma 3-ter del DPR 600/73 riferito all’ambito parallelo dei dividendi intracomunitari non “madre-figlia” e, sotto un profilo più generale, l’eliminazione del principio della forza di attrazione “globale” della stabile organizzazione, desueto a livello mondiale, per cui nel reddito della S.O. confluiscono solo le componenti reddituali a essa riferibili (art. 152 comma 1 del TUIR).
In merito alla natura giuridica del percipiente, la circolare ritiene escluse le società di persone, posto che si prevede l’assoggettamento all’imposta sulle società nel rispettivo Stato di residenza; sembra esservi però un’apertura nella parte in cui si ammette che anche tale tipologia di società possa essere soggetta in via autonoma a una corporate tax nel proprio Stato di residenza.
In relazione al requisito dell’assoggettamento a tale imposta, si conferma, anche in questo caso in modo parallelo a quanto previsto per la disciplina dei dividendi di cui all’art. 27 comma 3-ter del DPR 600/73, che si deve più propriamente parlare di “soggezione” all’imposta, ovvero della ricomprensione del beneficiario del reddito tra i soggetti passivi del tributo, anche se poi questo non è materialmente dovuto per effetto di riduzioni o esenzioni locali; il principio si rinviene, per i dividendi, nella circolare n. 26/2009 (§ 2), ed è stato confermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 23005/2023), pur se sul tema le contestazioni non sono infrequenti.
Ad avviso di Assonime, la localizzazione del cedente in uno Stato dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo dovrebbe essere accertata al momento del trasferimento della partecipazione, essendo invece irrilevante la previsione di un periodo minimo di residenza in tali Stati.
Si chiarisce, quindi, che se ad esempio una società residente in uno Stato X, titolare di una partecipazione in una società italiana, trasferisce la propria sede in Francia in continuità giuridica e cede immediatamente la partecipazione, la plusvalenza, territorialmente rilevante in Italia in virtù dell’art. 8 del Protocollo al Trattato Italia-Francia, beneficerebbe dell’esenzione in Italia a norma dell’art. 68 comma 2-bis del TUIR; ciò si giustificherebbe alla luce del fatto che, se la società X si fosse trasferita in Italia, la cessione immediata post trasferimento avrebbe beneficiato dell’esenzione a norma dell’art. 87. Pur non richiamata in modo espresso, la ris. Agenzia Entrate n. 345/2008 aveva chiarito che, per i trasferimenti in continuità giuridica, il periodo minimo di possesso annuale delle partecipazioni necessario per la participation exemption si computa a partire dalla loro acquisizione, e non dalla data del trasferimento; ciò però vale, come detto, per l’holding period della partecipazione, mentre nulla è previsto a livello di periodo minimo di residenza “europea” del soggetto partecipante.
Quanto ai requisiti oggettivi della partecipazione ceduta, i quali sono rappresentati dai requisiti “classici” contenuti nell’art. 87 comma 1 del TUIR), essi vanno verificati al momento della cessione della partecipazione, e non a quello eventualmente successivo dell’incasso del corrispettivo. Pur se, tecnicamente, le plusvalenze su partecipazioni realizzate dai non residenti hanno natura di redditi diversi, tassati secondo il criterio di cassa, la prassi dell’Agenzia delle Entrate ha più volte indicato che un conto è il regime di tassazione della plusvalenza (che rimane ancorato a quello vigente all’atto della cessione) e un conto è il momento in cui la plusvalenza stessa viene assoggettata a imposta, il quale viene invece a esistenza solo con l’incasso del corrispettivo.
Per quanto riguarda da ultimo la decorrenza dell’art. 68 comma 2-bis del TUIR, non fissata dalla L. 213/2023, Assonime propende per l’ipotesi per cui essa riguarda le plusvalenze realizzate (e dunque le cessioni perfezionate) dal 1° gennaio 2024: restano quindi fuori dall’ambito applicativo della nuova norma le plusvalenze realizzate sino al 2023 il cui corrispettivo sia incassato nel 2024 o in anni successivi, così come a maggior ragione le plusvalenze per cui al 31 dicembre 2023 si sia già incassato il corrispettivo, per le quali potrebbe continuare una fase di contenzioso, fatte salve istruzioni dell’Amministrazione finanziaria che, sulla scorta della giurisprudenza (oggi tradotta in norma), non impongano agli Uffici di abbandonare le liti pendenti.