Per gestire gli effetti dell’inflazione nell’ambito delle locazioni immobiliari, è utile applicare meccanismi che consentano di allineare l’importo del canone al costo della vita. Lo strumento funzionale a questo scopo è la clausola che aggiorna il canone alle variazioni dell’indice ISTAT.
L’aggiornamento in oggetto è un incremento del canone di locazione, finalizzato a tenere conto di eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta verificatasi durante il rapporto. L’adeguamento si calcola considerando una percentuale (normalmente 75% o 100%) della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) rispetto al periodo di riferimento. Applicando la percentuale ottenuta al canone di locazione stabilito nel contratto, si otterrà l’aumento che può essere richiesto dal locatore.
Una questione che si pone nella prassi è la possibilità per il locatore di ottenere gli arretrati dell’aggiornamento, vale a dire gli importi di anni anteriori in cui l’adeguamento, pure previsto nel contratto, non era stato demandato. Sul punto, la giurisprudenza afferma che il locatore può pretendere il canone aggiornato solo dal momento in cui lo chiede, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati.
Si ricorda che l’aggiornamento in questione, a norma dell’art. 3 comma 11 DLgs. 23/2011, non può essere richiesto, neppure se previsto nel contratto, se è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca.