25 marzo 2024 – Nelle delibere di distribuzione precedenza agli utili senza deroghe

L’art. 47 comma 1 del TUIR contiene una disposizione che interessa le distribuzioni di riserve di utili e di capitali effettuate dalle società soggette all’IRES in favore dei loro soci, e per questo motivo assume particolare rilevanza con l’avvicinarsi dell’approvazione dei bilanci.
La norma così recita: “Indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle del comma 5 per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta”.
Si tratta di una presunzione di prioritaria distribuzione delle poste aventi natura di utile rispetto a quelle aventi natura di riserve di capitale, la cui portata è limitata al regime fiscale delle riserve distribuite e non investe la validità civilistica della delibera. Essa mira a evitare che la società possa ripartire tra i soci le riserve di capitale, che non hanno un diretto impatto reddituale (ma riducono il costo fiscale della partecipazione, come dispone l’ultimo periodo dell’ art. 47 comma 5 del TUIR), prima delle riserve di utili, cui è sempre collegato un onere impositivo.
Non essendo ammessa prova contraria (circ. Assonime n. 32/2004, § 5.2) la disapplicazione della norma può essere disposta solo dalla legge, come avvenuto recentemente per le assegnazioni effettuate in base all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022, oppure, come suggerito nella norma di comportamento n. 162/2006 dell’ADC di Milano, previa presentazione di interpello ex art. 11 comma 2 della L. n. 212/2000 (nel presupposto che la presunzione abbia carattere antielusivo).
Dal punto di vista sostanziale, sono oggetto della norma l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle di cui al comma 5 (dello stesso art. 47), le riserve di cui al comma 5 e le riserve in sospensione d’imposta.
Le riserve di cui al comma 5 dell’art. 47 sono le “riserve o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta”, ovvero, come già anticipato, le riserve di capitale.
L’ordine di distribuzione prevede quindi prima le riserve di utili e poi le riserve di capitale, lasciando fuori da ogni vincolo le riserve in sospensione d’imposta.
Non sempre è di immediata comprensione se la disposizione si applichi o meno. Ad esempio, non ne è interessata la riserva legale, perché, pur essendo formata da utili, non è liberamente disponibile (circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2004, § 3.1). Tuttavia, essa è considerata disponibile, e quindi soggetta alla presunzione di prioritaria distribuzione “per la quota eventualmente accantonata in eccesso rispetto al limite del quinto del capitale sociale” (risposta a interpello n. 492/2022).
Un altro tema di interesse è rappresentato dal rapporto tra presunzione di prioritaria distribuzione e poste formate con versamenti dei soci. Non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che i finanziamenti dei soci, non rientrando nel patrimonio netto, possono essere liberamente distribuiti – fermi restando eventuali vincoli di natura civilistica – senza dover sottostare alla regola della prioritaria distribuzione degli utili.
Per i versamenti in conto capitale, invece, la norma trova piena applicazione. Tali versamenti, che una volta effettuati “sono definitivamente acquisiti a patrimonio sociale”, cosicché “cessa ogni rapporto/collegamento tra il socio versante e la somma versata” (Notai del Triveneto, orientamenti societari, massima H.L.1) possono essere distribuiti solo una volta che la riserva legale abbia raggiunto il quinto del capitale sociale (secondo un indirizzo giurisprudenziale confermato da ultimo con la Cass. n. 24313/2022).
Quanto, infine, ai versamenti in conto futuro aumento del capitale sociale, si deve menzionare la norma di comportamento n. 162 dell’ADC di Milano, che li ha esclusi dalla presunzione sulla base della constatazione che essi, una volta venuta meno la volontà di effettuare l’aumento di capitale al quale erano destinati, sarebbero naturalmente da riclassificare tra i debiti e quindi resterebbero al di fuori del perimetro di applicazione della presunzione. Si deve segnalare, però, che questa norma di comportamento è stata emanata quando l’OIC 28 classificava i versamenti in conto futuro aumento del capitale nel patrimonio netto, mentre oggi – in assenza di alcun riferimento nell’OIC 28 – sembra prevalere la corrente di pensiero per la quale essi dovrebbero essere iscritti fin dall’origine tra i debiti della società (Notai del Triveneto, orientamenti societari, massima H.L.2).
Non si ritiene, invece, corretto adottare il procedimento di riclassificazione appena illustrato per i versamenti in conto capitale. Qualora, infatti, anche in seguito a formale delibera, se ne deliberasse la distribuzione e li si iscrivesse tra i debiti della società, la riclassificazione sarebbe una mera conseguenza della delibera stessa e non di un evento da questa indipendente (come la rinuncia al futuro aumento del capitale per i versamenti a ciò originariamente destinati).