Scade il prossimo 31 gennaio il termine per la comunicazione da parte delle aziende, in favore delle rappresentanze sindacali, dei lavoratori somministrati utilizzati nel corso dell’anno 2023.
L’obbligo in questione deriva dal comma 3 dell’art. 36 del DLgs. 81/2015, il quale impone all’utilizzatore di effettuare tale comunicazione, ogni 12 mesi, anche per il tramite dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La suddetta disposizione di legge prevede poi, al comma 1, l’applicabilità, ai lavoratori delle agenzie di somministrazione, dei diritti sindacali di cui allo Statuto dei lavoratori (L. 300/70) e, al comma successivo, il diritto in capo al lavoratore somministrato di esercitare presso l’utilizzatore i diritti di libertà e di attività sindacale nel corso di tutta la missione, nonché di partecipazione alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
Quanto all’obbligo di comunicazione di cui al comma 3 della suindicata norma, i dati da comunicare sono: il numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi nel 2023 e la loro durata; il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.
Seppur con riferimento alla normativa precedentemente in vigore, vale a dire l’art. 24 comma 4 lett. b) del DLgs. 276/2003, il Ministero del Lavoro, con la nota n. 12187/2012, ha chiarito che il periodo di 12 mesi da considerare è quello intercorrente tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno, quindi un periodo che si conclude alla fine dell’anno solare. Di conseguenza, con la suddetta nota, è stato ritenuto opportuno fissare il termine per l’adempimento dell’obbligo al 31 gennaio di ciascun anno, ciò a partire dal 2013.
Lo stesso Ministero del Lavoro, con l’interpello n. 36/2012, ha però evidenziato che il termine del 31 gennaio non esclude che la contrattazione collettiva possa individuare un termine diverso, successivo a tale data.
Quanto alle modalità con cui effettuare la comunicazione, la stessa può essere eseguita mediante consegna a mano, raccomandata con ricevuta di ritorno oppure con posta elettronica certificata (PEC).
Nel caso in cui la comunicazione in questione venga omessa, le aziende utilizzatrici rischiano una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 250 a un massimo di 1.250 euro, come disposto dall’art. 40 comma 2 del DLgs. 81/2015, il quale, per la violazione in argomento, rinvia alla sanzione prevista al comma precedente, quindi al comma 1 dell’art. 40.
La predetta sanzione risulterà applicabile sia se la comunicazione non viene effettuata entro il 31 gennaio, sia se non viene effettuata entro il più ampio termine stabilito dal contratto collettivo applicato, ove previsto.
Il presupposto per l’applicazione del regime sanzionatorio è comunque la violazione del comma 3 dell’art. 36.