22 gennaio 2024 – Chiusa l’ACE, agevolazioni con focus su investimenti e assunzioni

Il 2023 è l’ultimo anno in cui le imprese possono beneficiare dell’ACE (art. 1 del DL 201/2011).
L’agevolazione, infatti, viene meno dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, così come previsto dall’art. 5 del DLgs. 216/2023, pur se la norma fa correttamente salvo il riporto delle eventuali eccedenze residue, sino al loro completo utilizzo.
Da ciò consegue che i benefici hanno visto esaurirsi i relativi presupposti a monte (accantonamento di utili a riserva o conferimenti in denaro dei soci) al 31 dicembre 2023, se la società ha esercizio sociale coincidente con l’anno solare.
L’agevolazione è, invece, ancora in vita, per i soggetti con esercizio “a cavallo”, per il periodo d’imposta 2023/2024: riferendosi al caso più comune (quello delle società che chiudono l’esercizio al 30 giugno), è ancora possibile pianificare una massimizzazione del beneficio con, ad esempio, un versamento dei soci entro il 30 giugno 2024. Si tratta, però, di un discorso meramente teorico per due ordini di motivi: in primo luogo, il versamento rileverebbe pro rata temporis; in secondo luogo (e questo è certamente l’elemento negativo di maggiore portata) non può più essere sfruttato l’effetto di accumulo degli incrementi che caratterizzava l’agevolazione, e che ha portato nei suoi dodici anni di vita a favorire chi, una volta realizzati gli incrementi, li ha mantenuti nell’impresa in luogo della distribuzione ai soci.
In prima battuta, ciò porta a una “liberalizzazione” delle scelte di distribuzione di dividendi straordinari, le quali non verrebbero più influenzate dalla variabile fiscale.
Questa considerazione deve, naturalmente, essere ponderata. Per il solo 2024, infatti, lo stesso DLgs. 216/2023 ha previsto, all’art. 4, una specifica agevolazione per le nuove assunzioni, per la quale si attendono entro la fine di gennaio le norme attuative, le quali devono essere adeguatamente finanziate da parte dell’impresa, essendo necessario un incremento degli occupati nel 2024 rispetto al dato medio del 2023.
Questa agevolazione, valevole in via transitoria per il solo 2024, non presuppone però che il finanziamento della nuova occupazione avvenga con risorse proprie dell’impresa: ragionando per paradossi, nulla vieterebbe che la società procedesse alla distribuzione di un dividendo straordinario (la quale, a questo punto, non genererebbe più alcuna penalizzazione fiscale) per poi provvedere alle nuove assunzioni a debito.
Una prospettiva di più ampio raggio dovrebbe però considerare che l’agevolazione in commento ha natura meramente transitoria.
A regime, invece, l’art. 6 comma 1 lett. a) della L. 111/2023 prevede la riduzione dell’aliquota IRES a seguito di investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, o di nuove assunzioni ovvero schemi di partecipazione dei dipendenti agli utili; ciò a condizione che investimenti e assunzioni siano finanziati con “una somma corrispondente, in tutto o in parte, al reddito entro i due periodi d’imposta successivi alla sua produzione” e che gli utili corrispondenti al reddito in questione non siano distribuiti ai soci.
Come ha rilevato a suo tempo la Relazione al Ddl. delega, per questa agevolazione a venire la produzione degli utili è una precondizione, e precede quindi investimenti e assunzione: in altre parole, prima si agevola il reddito, assoggettandolo ad aliquota agevolata, e poi, nei due anni successivi, possono essere effettuati investimenti e assunzioni in misura corrispondente al reddito tassato con aliquota ridotta.
Nell’attesa che la norma venga attuata, si può notare, a livello di primissima analisi, che essa, pur riprendendo alcuni aspetti della vecchia “agevolazione Visco” di cui all’art. 2 comma 8 della L. 133/99, se ne discosta in quanto prescinde da una coincidenza temporale tra investimenti e incrementi di patrimonio.
Se così effettivamente sarà, le società potranno beneficiare di un periodo in cui le distribuzioni ai soci risulteranno neutre sotto il profilo fiscale che potrebbe a questo punto estendersi non solo al 2024, ma anche al 2025.
Ipotizzando, ad esempio, che la nuova agevolazione per investimenti e assunzioni di cui all’art. 6 comma 1 lett. a) della L. 111/2023 entri in vigore dal 2025, le movimentazioni del patrimonio netto di tale annualità (in più o in meno) dovrebbero essere irrilevanti, dovendosi guardare al dato del reddito del 2025 che viene poi mantenuto in azienda per finanziare investimenti e assunzioni nel biennio 2026/2027.
Si tratta, come detto, di ipotesi (anche, ovviamente, sull’attuazione e sulla tempistica della nuova agevolazione), da tenere però in debito conto nel momento in cui vi saranno gli schemi dei nuovi decreti delegati al fine di una predisporre una corretta pianificazione finanziaria dei prossimi mesi.