20 settembre 2024 – Separazione attività ai fini Iva: possibile anche con riferimento al medesimo codice Ateco

La Cassazione ha recentemente affrontato un tema che ha dato frequentemente luogo a contenziosi con l’Agenzia delle Entrate: la separazione della contabilità ai fini Iva delle diverse attività esercitate. La possibilità è disciplinata dall’art. 36 del D.P.R. n. 633/1972. La separazione della contabilità ai fini Iva è uno strumento finalizzato a scongiurare gli effetti negativi del pro – rata. Pertanto, si tratta di una soluzione estremamente vantaggiosa se il contribuente esercita un’attività imponibile ed un’altra attività esente.
Il vantaggio risulta massimo se l’attività imponibile risulta caratterizzata per acquisti con Iva detraibile di ingente entità.
La sentenza n. 24022 depositata il 6 settembre scorso ha stabilito che l’opzione per il regime di separazione delle attività ai fini Iva, per i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa, è consentita solo nel caso in cui le attività economiche siano “sostanzialmente diverse ed effettivamente scindibili, sulla base di criteri oggettivi”.
Affinché il contribuente possa esercitare l’opzione (per la separazione) secondo la Corte le attività devono “essere suscettibili di formare oggetto di autonome attività d’impresa, aventi ciascuno una propria struttura organizzativa”. Tale principio può essere condiviso solo parzialmente. Inoltre, secondo quanto ancora precisato dalla Cassazione non dovrebbe essere decisiva la mera attribuzione di un diverso codice Ateco. Inoltre, ciascuna attività deve essere “esercitata in modo sistematico, non essendo ammessa l’opzione di separazione nel caso in cui alcune di esse siano svolte in modo occasionale”. In realtà, come detto, possono essere condivisi solo alcuni principi espressi dalla Suprema Corte.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la separazione ai fini dell’applicazione dell’imposta è consentita, in linea di principio, esclusivamente per le attività che hanno diversi codici attività. La fattispecie presa in esame dall’Amministrazione finanziaria riguardava un contribuente che esercitava contemporaneamente un’attività sanitaria le cui prestazioni mediche ambulatoriali rese da professionisti erano esenti; invece, le altre prestazioni tipiche delle case di cura non convenzionate erano imponibili. La risposta del Fisco è stata negativa trattandosi di attività riconducibili ad un unico codice Ateco.
La soluzione della Suprema Corte è meno rigorosa sotto il profilo formale attribuendo maggiore rilevanza ai profili sostanziali. Infatti, secondo la Cassazione, le due attività devono essere oggettivamente diverse e scindibili, ma risulta indifferente che le stesse siano o meno riconducibili nel medesimo codice Ateco. In realtà in alcuni casi i singoli codici Ateco consentono di ricondurre al loro interno attività similari, ma diverse. Probabilmente proprio per tale ragione la Cassazione non ha attribuito particolare rilevanza all’avvenuta attribuzione di due o più codici Ateco.
Invece, non è condivisibile quanto precisato dalla sentenza in commento circa il fatto che ciascuna attività deve essere dotata di una propria struttura organizzativa. In alcuni casi, anche con l’intento di minimizzare gli oneri, l’organizzazione di mezzi può essere comune. D’altra parte, dalla mera lettura dell’art. 36 del D.P.R. n. 633/1972 non v’è traccia del principio affermato dalla Cassazione.
Invece, può essere condiviso quanto affermato a proposito dell’occasionalità. Se una delle due attività è occasionali non è possibile applicare l’art. 36 del D.P.R. n. 633/1972.
Infine, deve essere ancora osservato che la separazione è sicuramente possibile, anche in presenza di un solo codice Ateco, per le attività c.d. immobiliari di gestione, ma anche con riferimento alle immobiliari di compravendita. Tali possibilità sono state espressamente previste dal legislatore.