I commi 436 – 444 dell’art. 1 del Ddl. di bilancio 2025, sul quale il Governo ha posto ieri la questione di fiducia alla Camera, con votazioni previste oggi, introducono la c.d. “IRES premiale”, vale a dire la riduzione, per il solo 2025, dell’aliquota IRES dal 24% al 20% sul reddito d’impresa dichiarato dalle società, in presenza di determinate condizioni.
Sono comunque escluse le società in liquidazione ordinaria, assoggettate a procedure concorsuali di natura liquidatoria, nel 2025 o che determinano il proprio reddito imponibile, anche parzialmente, sulla base di regimi forfetari.
Per beneficiare dell’aliquota ridotta, la società deve anzitutto accantonare ad apposita riserva almeno l’80% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024.
L’agevolazione non spetterebbe quindi nel caso in cui non sussista alcun utile 2024 o nel caso in cui l’utile 2024 esista ma venga distribuito e non accantonato per la quota richiesta.
Dal tenore della disposizione, sembra che il limite dell’80% debba essere calcolato sull’utile d’esercizio di cui al numero 21 dell’art. 2425 c.c.
Viene poi richiesto che un ammontare non inferiore al 30% dei suddetti utili accantonati sia destinato a investimenti relativi all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, indicati negli allegati A e B annessi alla L. 232/2016 (beni materiali 4.0) nonché nell’art. 38 del DL 19/2024 (beni 5.0)
In altri termini, stando alla formulazione della norma, il 24% dell’utile (30% dell’80%) dovrebbe essere reinvestito in nuovi beni strumentali 4.0 e 5.0.
Ad esempio, se l’utile d’esercizio 2024 è pari a 1.000.000 di euro, occorrerà destinare a riserva 800.000 euro e investire nei suddetti beni almeno 240.000 euro.
Si segnala tuttavia che un errata corrige pubblicato sul sito della Camera, che sembra riferirsi alla versione del testo del Ddl. in esame, introdurrebbe un ulteriore parametro in relazione agli investimenti. Sarebbe infatti previsto che l’ammontare come sopra individuato destinato agli investimenti (30% dell’80% dell’utile 2024) debba essere “comunque, non inferiore al 24 per cento degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023”. Supponendo quindi un utile 2023 pari a 1.200.000, l’ammontare da investire dovrebbe essere almeno di 280.000.
Tali beni devono essere realizzati (dovrebbe intendersi effettuati ai sensi dell’art. 109 del TUIR) a decorrere “dalla data di entrata in vigore della presente legge” ed entro la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (quindi del modello REDDITI 2026).
Gli investimenti non devono, in ogni caso, essere inferiori a 20.000 euro.
Ulteriori condizioni riguardano poi il livello occupazionale.
Viene infatti richiesto che nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025, per i soggetti “solari”): il numero di unità lavorative per anno (c.d. “ULA”) non sia diminuito rispetto alla media del triennio precedente (2022-2024); siano effettuate nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato che costituiscano incremento occupazionale (come definito dall’art. 4 del DLgs. n. 216/2023, relativamente alla super deduzione per nuove assunzioni) in misura pari almeno all’1% del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, comunque, in misura non inferiore a un lavoratore dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Nel 2024 o nel 2025 l’impresa non deve poi aver fatto ricorso all’istituto della cassa integrazione guadagni (ad eccezione dell’integrazione salariale ordinaria corrisposta nei casi di cui all’art. 11 comma 1 lettera a) del DLgs. 14 settembre 2015 n. 148).
È prevista la decadenza dall’agevolazione, con relativo recupero, nel caso in cui la quota di utile accantonata sia distribuita entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (quindi entro il 31 dicembre 2026).
L’agevolazione decade anche nel caso in cui i beni oggetto di investimento siano dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati stabilmente a strutture produttive localizzate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l’investimento (quindi, se effettuati nel 2025, entro il 2030).
La norma agevolativa riporta poi specifiche regole in caso di consolidato e di trasparenza.
Non sono previste particolari disposizioni in relazione alla cumulabilità con altre agevolazioni, ma si rinvia a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze per l’adozione delle disposizioni attuative, anche al fine di introdurre disposizioni di coordinamento con altre norme dell’ordinamento tributario nonché al fine di disciplinare le modalità di recupero dell’agevolazione nei casi di decadenza dal beneficio.